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Vaccinazione anti Covid19 nel contesto lavorativo
Le FAQ del Garante Privacy tra obblighi e responsabilità per dipendenti e datore di lavoro
Sono già trascorsi due mesi dall’avvio della campagna italiana di vaccinazione contro il Covid19.
Tra qualche ritardo e diverse polemiche la strada sembrerebbe ormai tracciata e condurrebbe alla tanto agognata “immunità di gregge”.
Del resto però, come già accaduto per il tracciamento dei contagi e l’impiego dell’App IMMUNI, sorgono spontanee alcune domande in merito alla privacy e alla protezione dei nostri dati personali.
Parliamo naturalmente di un tema molto delicato, che mira alla coesione di interessi contrastanti e che ricerca l’equilibrio tra i diritti del singolo e la sanità pubblica, libertà individuali e bene collettivo.
Può un datore di lavoro chiedere ai propri dipendenti di vaccinarsi contro il Covid19 per accedere ai luoghi di lavoro e per svolgere determinate mansioni?
Può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?
O chiedere conferma della vaccinazione direttamente ai lavoratori?
Questi sono solo alcuni dei quesiti che nell’ultimo periodo sono stati oggetto di un acceso dibattito che ha portato l’Autorità Garante per i Dati Personali ad intervenire pochi giorni fa pubblicando delle FAQ al sito www.gpdt.it con l’intento di fornire linee guida chiare ed autorevoli in merito al tema della vaccinazione dei dipendenti.
Il tutto finalizzato a consentire a imprese, enti ed amministrazioni pubbliche di applicare correttamente, anche durante un contesto emergenziale come quello attuale, la normativa sulla protezione dei dati personali, al fine di evitare alle aziende eventuali trattamenti illeciti e quindi ulteriori costi di gestione.
Ma consideriamo ora più nel dettaglio le risposte fornite dal Garante Privacy in merito al trattamento di dati relativi alla vaccinazione anti Covid-19 nel contesto lavorativo:
Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione?
La risposta fornita dal Garante Privacy è no, il datore di lavoro non può imporre ai propri dipendenti l’obbligo di fornire informazioni in merito al loro stato vaccinale.
Allo stesso modo, non può quindi pretendere documenti e certificati che attestino l’avvenuta vaccinazione.
Anche se è il dipendente a prestare il proprio consenso, il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione perché il consenso stesso non rappresenta una valida condizione di liceità, in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo.
Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?
La risposta è di nuovo negativa.
Solo il medico competente può infatti trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione; e non è quindi tenuto a rivelare tali dati al datore di lavoro.
Quest’ultimo è però autorizzato ad acquisire i giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati.
Sempre al datore di lavoro spetterà infine mettere in atto le misure prescritte dal medico competente qualora si verifichino casi di temporanea o parziale inidoneità alla mansione assegnata.
La vaccinazione anti Covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni?
Nell’attesa che il legislatore nazionale si esprima su un’eventuale obbligatorietà di vaccinazione anti Covid19 quale conditio sine qua non per lo svolgimento di determinate attività lavorative valgono le disposizioni vigenti sulle “misure speciali di protezione”, previste dall’art.279 del d.lgs. n. 81/2008).
Più specificatamente, solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario e il contesto lavorativo, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti.
Il datore di lavoro, quindi, deve sempre rimettersi al medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità di un dipendente.
Per quanto finora esposto si evince che la ratio sottostante all’intervento del Garante Privacy è quella di tutelare le garanzie dei cittadini e quindi di ribadire che lo Stato di diritto è quello che sottostà alle leggi e non prevarica la libertà degli individui.
Andrea Giorgi
DPO e RPD – andrea@brianzaict.com